Le Masche esistono, io le ho incontrate

Le riflessioni sulla fatalità

Il Brik di Masche (parete delle streghe) un luogo assai inospitale, rivolto in pieno nord, placche lisce, reso ancora più severo dalla sua veste invernale. Saliamo nel bosco calpestando la neve farinosa, le nostre battute ed il nostro respiro rompono l’ incanto di un silenzio siderale. L’arrampicata è tutta in artificiale, niente di particolarmente difficile, solo qualche passo precario sui cliff. La salita procede senza storia, tecnica e forza, mani fredde, ma piano piano si va avanti. Arrivo in cima, giusto in tempo per veder il sole scomparire dietro la cresta, noi siam stati sempre all’ombra, luci fredde, filtrate. Calo Edo, poco dopo una frase mi gela il sangue “Dafne è caduta, sta male”…. una vampata di calore gelato mi sale al cervello. Devo mantenere la calma, Dafne non è una che si lamenta per nulla, immagino sia grave. In pochi minuti son in calata, la vedo, è in piedi appesa alle corde, le gambe mi tremano. Un friend non è stato amichevole, ha lasciato la fessura, Dafne era lì appesa ed è caduta per qualche metro, il chiodo che avrebbe fermato la caduta è lì “fatalmente dimenticato”, Mauro ha fatto un miracolo per bloccare il volo, siamo tutti un po’ scossi, quel friend precario l’avevo messo io, sono agitato non dobbiamo fare altri errori. Organizziamo le calate, in breve siamo alla base della parete. Vorrei abbracciare i miei compagni, ma non ho forza, dentro di me c’è il vuoto, scendiamo il sentiero, gli acciacchi si fanno sentire, ma lo spirito prevale, una prova per tutti oggi. A volte la montagna ci dà delle lezioni molto dure, quello che è successo non lo scorderemo, ma ci preserverà dal commettere altri errori simili. Sarebbe meglio star zitti, nascondere, ma noi non siamo così, abbiamo fatto uno sbaglio, piccolissimo, ma che poteva essere assai grave, la lezione l’ abbiamo capita bene, lo diciamo a tutti si che per tutti possa esser utile.

Grazie Dafne hai avuto molto coraggio, sei veramente speciale, grazie Mauro per non aver mollato, grazie Edo sei il più giovane ma hai dimostrato di aver sangue freddo, grazie a tutti voi, anche nella difficoltà siete stati meravigliosi

Gianni Lanza

 

 

Tutto va bene, procedo con prudenza, provo i friend con grossi strattoni prima di caricarli con il mio peso. Recupero Mauro alla sosta tra il terzo e il quarto tiro, recupero il materiale e via, riparto subito per il quarto tiro: avevo voglia di arrivare in cima, forse troppa. Metto la scaletta sulla sosta ed arrivo al friend: rinvio, scaletta, strattoni, tutto buono, tiene, si va! Lo carico, ci sto sopra un bel po’ di secondi, non mi ricordavo che il chiodo successivo fosse così lungo; cerco eventuali buchi per mettere un cliff ma niente, effettivamente sporgendosi un po’ ci si arriva. Mi allungo, in quel preciso istante mi manca la staffa da sotto ai piedi, le camme lasciano la fessura senza preavviso, senza nemmeno far rumore. Durante la caduta tutto è rallentato, ricordo ogni preciso istante: cado sul terrazzino e spero di fermarmi lì invece no… procedo la caduta di schiena a testa in giù sulla parte alta del terzo tiro, batto tutto, testa, ginocchia, spalla, metto male la mano e sento il dito che si rompe, si lussa in una posizione davvero innaturale. Mauro tiene lo strappo, un gran secondo di cordata, è stato davvero esemplare. L’istinto è di chiamare subito aiuto mentre tolgo il guanto e guardo quel dito: penso che devo metterlo a posto subito o non potrò scendere, allora lo tiro con tutte le mie forze e lo faccio tornare in sede. Mi allongio ad uno spit, voglio che prima possibile il mio compagno possa mollare la presa, anche lui si è pizzicato un dito nella corda per tenermi. Allongiata mi accovaccio sulla parete, seduta sull’imbrago, tutto è fermo, il silenzio è rotto solo dalle parole tra me ed il mio compagno, a vicenda ci rassicuriamo, ci chiediamo come stiamo. Mi gira un po’ la testa rivedendo l’immagine di quel dito ma devo stare calma. Ho perso il guanto della mano infortunata, tiro fuori le moffole dalla giaccavento, scaldate sul mio petto tutto il giorno, portate quasi come un talismano perchè regalatemi da una persona speciale. La troppa voglia di guardare avanti (anche nella vita sono così) aveva fatto sì che mi dimenticassi di rinviare la sosta.

Nel frattempo arriva Gi in calata, percepisco la sua agitazione e gli dico di far con calma, di star tranquillo che è tutto a posto, mi sono solo rotta un dito. Quando raggiunge Mauro in sosta mi rendo conto che il mio compagno in realtà non aveva smesso di tenermi nonostante fossi allongiata. Vengo calata alla sosta del terzo tiro e prepariamo la doppia. Scendo con le mie mani, non voglio farmi calare, voglio almeno scendere autonomamente. All’osteria saltano fuori gli altri dolori ma siamo lì noi quattro, felici che sia andato tutto bene. Ognuno di noi ha messo tutto il suo coraggio.

Ne esco distrutta, ma non solo fisicamente: la testa è distrutta, la paura di aver perso la fiducia degli altri è che più mi massacra. Spero di guarire in fretta, è solo un dito ma per arrampicare insomma ha la sua utilità. Avevo molti progetti per quest’inverno, spero di non essere punita a tal punto per questo mio errore da non poterli più tentare a causa di questo infortunio.

Grazie a voi che eravate con me, non dimenticheremo questa giornata. Vi voglio bene.

Dafne Munaretto

 

 

La tensione accumulata in quel batter d’occhi è stata enorme.. I pensieri passati nella mente sono stati migliaia, compressi e sovrapposti. In quell’attimo ho solo pensato a stringere con tutte le forze la corda doppiata. Una nuvola di neve, i capelli di Dafne nell’aria, una breve apnea, uno strattone e tutta la normalità ha lasciato spazio ad uno stato di trance conservativo. La priorità è stata subito istintiva. Tenere, tenere a costo di qualsiasi cosa. La realtà in una serie di fotogrammi ormai indelebili. Imparare, paradossalmente, ad avere gioia nel sentire “mi sono fatta male, ho rotto un dito”;.. gioia, si perchè ho tenuto forte e tutto ha funzionato. Nonostante tutto, ho pensato, “siamo qui, respiriamo e abbiamo vita che sprizza più di prima”. Un occhio alla sosta, i tubolari in dynema tesi come le corde di un violino. Una fredda valutazione sulla disposizione dei vari elementi.. il Reverso rovesciato e la tensione della corda.

Avrei voluto aver la forza di issare Dafne sino alla cengia ma sapevo che sarebbe stato impossibile in quella situazione e poi, con una mano sola, men che meno. Il resto l’hai visto anche tu Gianni. Sapendo che saresti arrivato a breve, ho solo pensato a preservare le condizioni di sicurezza disponibili senza rischiare di peggiorare nulla. Con apparente freddezza Dafne si è fatta calare fino al primo spit utile e si è assicurata.. io ho continuato a tenere in tiro comunque. Ho fatto semplicemente la mia parte. La cordata è un legame che va’ oltre il proprio ego. Dafne è stata superlativa ed ha mantenuto un profilo forte, mostrando i denti al grande spavento. Gianni, sei stato padrone della situazione e hai risolto con apparente semplicità. Edo ha fatto la sua parte ineccepibilmente. Io non lo so.. avevo elettricità su tutto il corpo ed in testa, forse,  i masche che divoravano i pensieri.

Avrei voluto abbracciarvi come non ho mai fatto con nessuno. Una volta rimasto solo sono scoppiato a piangere, credo di felicità.. per noi che, anche se acciaccati, abbiamo fortificato i valori del rispetto reciproco. E poi.. ci hai fatto conoscere “al Pero” ..la giornata è stata fantastica, come fantastica è la piega che ha preso la mia esistenza da quando vi ho incrociato sulla “nostra” strada. Grazie ragazzi..

Mauro Tosin

 

 

Infine il pensiero di Edo, che con i suoi quindici anni è il più giovane del gruppo

Sembrava una giornata come molte altre. Era iniziata come sempre, vestiti pesanti, zaino in spalla, lungo il sentiero che ci avrebbe portato all’attacco della via sul Bric di Masche, pure in questa occasione non mancavano battute e aneddoti divertenti. Ben presto ci ritrovammo in parete, ad arrampicare fra roccia e neve, in un luogo abbandonato da Dio: freddo pungente e assenza di sole, nel suo piccolo una vera parete Nord. Gianni ed io formavamo la cordata di testa, seguiti da Dafne e Mauro, che procedevano un po’ più lenti di noi, visto che per Mauro era la primissima esperienza in artificiale. Arrivati in cima ci fermammo giusto il tempo di fare due foto e, poco dopo, mi ritrovavo giù alla sosta dove da lì a poco avremmo visto arrivare i nostri due compagni. Questo però sfortunatamente non accadde. Mentre ero in attesa del Gi, sorseggiai un po’ di the caldo per riscaldare un po’ le mie membra, e fu in quel momento che sentii un urlo. Era Mauro. Immediatamente pensai che si fosse fatto del male, visto che aveva ancora fastidio al suo ginocchio. Qualche secondo dopo però sentii la voce di Dafne, che gridava “Mi sono rotta un dito”. Immediatamente non ci credetti e chiesi conferma, e quando questa arrivò, non indugiai oltre e avvertii Gianni, ancora in cima, che rispose con un “Prepara le corde”. Dopo pochi minuti Gianni mi raggiunse e si calò in soccorso dei nostri amici. Arrivato in sosta dopo la calata, capii che quanto era successo era stato orribile sui due che l’avevano vissuto in prima persona, si riusciva ad intendere attraverso le loro parole che era stata un’esperienza terribile. Cercai di mantenere la calma il più possibile ma non fu affatto facile. Sapevo infatti che avevamo ancora una calata da fare e non ero ancora a conoscenza della situazione dei miei due compagni. Cercai di fare il più in fretta possibile per velocizzare le operazioni, non volevo che i miei amici soffrissero per la mia lentezza e rimasi attentissimo mentre i miei compagni si calavano, volevo essere pronto in caso fosse accaduto qualsiasi cosa. Durante il percorso di ritorno mi feci spiegare ciò che era successo e capii come tutto era accaduto e come quegli attimi durati una manciata di secondi siano stati impressi nelle menti di Mauro e Dafne. Alla fine però, riuscimmo a ritrovare quel sorriso che avevamo quando ancora non eravamo consapevoli di ciò che sarebbe accaduto.

Da questa esperienza ne esco sicuramente rafforzato e inoltre ammiro ancora di pi√π i miei tre compagni. Innanzitutto Dafne, ragazza con una personalità così forte e pronta da essere riuscita a rendersi conto della situazione, per aver reagito e per essersi “aggiustata” il dito autonomamente, cosa non da pochi. Sei veramente un esempio. Ammiro Mauro, che con la sua tenacia è riuscito, nonostante il dolore al dito, a resistere e a tenere duro. Non dimenticherò mai le tue parole “Accada quel che accada, non mollare mai la corda, ten dur!”. Infine ammiro anche Gianni, che si è dimostrato un ottimo amico, che non ha perso tempo per andare in soccorso dei suoi compagni, pensando sempre alla loro incolumità.

Edoardo Bono

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